La cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale - ARCHIVIO 2016-2020
Sezione curata da Anna Iermano
Sezione curata da Anna Iermano
DICEMBRE 2020
Judgment of the Court (Grand Chamber) of 17 December 2020
(L, P, joined cases C-354/20 PPU and C‑412/20 PPU)
Sentenza della Corte (Grande sezione) del 17 dicembre 2020
(cause riunite C-354/20 PPU e C-412/20 PPU, L e P)
Gli artt. 6, par. 1 e 1, par. 3, della decisione quadro 2002/584/GAI relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, come modificato dalla decisione quadro del Consiglio 2009/299/GAI del 26 febbraio 2009, devono essere interpretato nel senso che, quando l’autorità giudiziaria dell’esecuzione chiamata a decidere sulla consegna di una persona oggetto di un MAE ha prove di fallimenti sistemici o generalizzati riguardanti l’indipendenza della magistratura nello Stato membro che ha emesso tale mandato, non può negare la qualità di “autorità giudiziaria di emissione” a siffatta giurisdizione e non può presumere che vi siano gravi motivi che provino che questa persona, in caso di consegna a quest’ultimo Stato membro, correrà il rischio reale di violazione del suo diritto fondamentale ad un processo equo, garantito dall’art. 47, par. 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, senza effettuare una verifica concreta e precisa che tenga conto, in particolare, della situazione personale di detta persona, della natura del reato in questione, nonché del contesto fattuale.
Judgment of the Court (Fourth Chamber) of 17 December 2020
Sentenza della Corte (Quarta sezione) del 17 dicembre 2020
(causa C-416/20 PPU, TR)
La Corte di giustizia chiarisce che l’art. 4 bis della decisione quadro 2002/584/GAI relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI deve essere interpretato nel senso che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione non può rifiutare l’esecuzione di un MAE emesso allo scopo di scontare una pena o una misura di sicurezza che comporta la privazione della libertà personale, quando l’interessato ha ostacolato la sua citazione di persona e non è comparso personalmente al processo a causa della sua fuga nello Stato membro di esecuzione, per il solo motivo che non ha la garanzia che, in caso di consegna allo Stato membro emittente, il diritto ad un nuovo processo, come definito negli artt. 8 e 9 della direttiva (UE) 2016/343 sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali, sarà rispettato.
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Judgment of the Court (Grand Chamber) of 8 December 2020
(A e a., case C-584/19)
Sentenza della Corte (Grande Sezione) dell’8 dicembre 2020
(causa C-584/19, A. e.a.)
Con tale sentenza la Corte di giustizia precisa che l’art. 1, par. 1, e l’art. 2, lett. c), della direttiva 2014/41/UE relativa all’ordine europeo di indagine penale, devono essere interpretati nel senso che rientra nelle nozioni di “autorità giudiziaria” e di “autorità di emissione”, ai sensi delle disposizioni sopra citate, il pubblico ministero di uno Stato membro o, più in generale, la procura di uno Stato membro, indipendentemente dal rapporto di subordinazione legale che potrebbe esistere tra il pubblico ministero o la procura e il potere esecutivo di tale Stato, e dall’esposizione di detto pubblico ministero o di detta procura al rischio di essere soggetti, direttamente o indirettamente, ad ordini o istruzioni individuali da parte del predetto potere, nell’ambito dell’adozione di un ordine europeo di indagine.
NOVEMBRE 2020
Judgment of the Court (Grand Chamber) of 24 November 2020
(AZ, case C-510/19)
Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 24 novembre 2020
(causa C-510/19, AZ)
Con tale sentenza la Corte di giustizia dichiara che la nozione di “autorità giudiziaria dell’esecuzione”, ai sensi dell’art. 6, par. 2, della decisione quadro 2002/584/GAI relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, costituisce una nozione autonoma del diritto dell’Unione che deve essere interpretata nel senso che comprende le autorità di uno Stato membro che, pur non essendo necessariamente giudici o organi giurisdizionali, partecipano all’amministrazione della giustizia penale di tale Stato membro, agiscono in modo indipendente nell’esercizio di funzioni inerenti all’esecuzione di un mandato d’arresto europeo ed esercitano le loro funzioni nell’ambito di una procedura che rispetta i requisiti derivanti da una tutela giurisdizionale effettiva. A tal riguardo, l’art. 6, par. 2, nonché l’art. 27, par. 3, lett. g), e par. 4, della decisione quadro 2002/584, devono essere interpretati nel senso che il procuratore di uno Stato membro che, pur partecipando all’amministrazione della giustizia, può ricevere, nell’ambito dell’esercizio del suo potere decisionale, istruzioni individuali da parte del potere esecutivo non costituisce un’“autorità giudiziaria dell’esecuzione”, ai sensi di tali disposizioni.
OTTOBRE 2020
Judgment of the Court (Third Chamber) of 1 October 2020
(TG,UF, case C-603/19)
Sentenza della Corte (Terza Sezione) dell'1ottobre 2020
(causa C-603/19, TG,UF)
La Corte di giustizia dichiara che l’art. 2, par. 1, della direttiva 2012/29/UE che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI, deve essere interpretato nel senso che tale direttiva non si applica alle persone giuridiche, né allo Stato, anche qualora il diritto nazionale conferisca loro la qualità di danneggiato nell’ambito del procedimento penale. Inoltre, l’art. 325 TFUE deve essere interpretato nel senso che non osta a disposizioni di diritto nazionale, come interpretate nella giurisprudenza nazionale, in forza delle quali, nell’ambito di un procedimento penale, lo Stato non può agire per il risarcimento del danno causatogli da un comportamento fraudolento dell’imputato avente come effetto una malversazione a danno del bilancio dell’Unione europea, e non dispone, nell’ambito di tale procedimento, di nessun’altra azione che gli consenta di far valere un diritto nei confronti dell’imputato, purché, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare, la normativa nazionale preveda procedimenti efficaci che consentano il recupero dei contributi del bilancio dell’Unione europea indebitamente percepiti.
Si segnala inoltre…
Conclusioni del Consiglio sulla relazione annuale di Eurojust per il 2019 2020/C 347/05, GU C 347 del 19.10.2020, pagg. 5–6
SETTEMBRE 2020
Judgment of the Court (Fourth Chamber) 24 September 2020
(case C-195/20, XC)
Sentenza della Corte (Quarta Sezione), 24 settembre 2020
(XC, causa C-195/20 PPU)
La Corte di giustizia precisa che l’art. 27, parr. 2 e 3, della decisione quadro 2002/584/GAI relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI deve essere interpretato nel senso che la regola della specialità di cui al par. 2 di tale articolo non osta ad una misura restrittiva della libertà adottata nei confronti di una persona oggetto di un primo mandato d’arresto europeo a causa di fatti diversi da quelli posti a fondamento della sua consegna in esecuzione di tale mandato ed anteriori a tali fatti, qualora tale persona abbia lasciato volontariamente il territorio dello Stato membro di emissione del primo mandato e sia stata consegnata al medesimo, in esecuzione di un secondo mandato d’arresto europeo emesso successivamente a detta partenza ai fini dell’esecuzione di una pena privativa della libertà, a condizione che, in relazione al secondo mandato d’arresto europeo, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione di quest’ultimo abbia dato il proprio assenso all’estensione dell’azione penale ai fatti che hanno dato luogo alla suddetta misura restrittiva della libertà.
AGOSTO 2020
Non vi sono aggiornamenti normativi e giurisprudenziali.
LUGLIO 2020
Judgment of the Court (Grand Chamber) 16 July 2020
(Presidenza del Consiglio dei Ministri v. BV, case C-129/19)
Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 16 luglio 2020
(causa C‑129/19, Presidenza del Consiglio dei Ministri c. BV)
Il diritto dell’Unione deve essere interpretato nel senso che il regime della responsabilità extracontrattuale di uno Stato membro per danno causato dalla violazione di tale diritto è applicabile, per il motivo che tale Stato membro non ha trasposto in tempo utile l’art. 12, par. 2, della direttiva 2004/80/CE relativa all’indennizzo delle vittime di reato, nei confronti di vittime residenti in detto Stato membro, nel cui territorio il reato intenzionale violento è stato commesso. Inoltre, l’art. 12, par. 2, della direttiva 2004/80 deve essere interpretato nel senso che un indennizzo forfettario concesso alle vittime di violenza sessuale sulla base di un sistema nazionale di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti non può essere qualificato come «equo ed adeguato», ai sensi di tale disposizione, qualora sia fissato senza tenere conto della gravità delle conseguenze del reato per le vittime, e non rappresenti quindi un appropriato contributo al ristoro del danno materiale e morale subito.
GIUGNO 2020
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Strategia dell’UE sui diritti delle vittime (2020-2025), COM/2020/258 final
La presente prima strategia dell’UE sui diritti delle vittime definisce i lavori della Commissione per il periodo 2020-2025 ai fini di una migliore applicazione nella pratica delle norme dell’UE in materia di diritti delle vittime. A tal proposito invita altri soggetti, compresi gli Stati membri dell'UE e la società civile, ad agire. Presta particolare attenzione alle esigenze specifiche delle vittime di violenza di genere.
MAGGIO 2020
Judgment of the Court (Second Chamber) of 14 May 2020
(UY, case C-615/18)
Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 14 maggio 2020
(causa C-615/18, UY)
L’art. 6 della direttiva 2012/13/UE sul diritto all’informazione nei procedimenti penali, deve essere interpretato nel senso che non osta ad una normativa di uno Stato membro in forza della quale il termine di due settimane per proporre opposizione contro un decreto che ha condannato una persona ad un’interdizione alla guida inizia a decorrere dalla sua notifica al domiciliatario di tale persona, a condizione che, una volta che tale persona ne abbia preso conoscenza, quest’ultima disponga effettivamente di un termine di due settimane per proporre opposizione contro tale decreto, se del caso a seguito o nell’ambito di un procedimento di rimessione in termini, senza dover dimostrare di aver intrapreso le azioni necessarie per informarsi tempestivamente presso il suo domiciliatario dell’esistenza di detto decreto, e purché gli effetti di quest’ultimo siano sospesi durante tale periodo. Inoltre, osta ad una normativa di uno Stato membro in forza della quale una persona residente in un altro Stato membro incorre in una sanzione penale se non rispetta, a decorrere dal momento in cui ha acquisito autorità di cosa giudicata, un decreto che l’ha condannata ad un’interdizione alla guida, anche se tale persona ignorava l’esistenza di siffatto decreto nel momento in cui ha violato l’interdizione alla guida che ne deriva.
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Comunicazione della Commissione relativa a un piano d’azione per una politica integrata dell’Unione in materia di prevenzione del riciclaggio di denaro e del finanziamento del terrorismo 2020/C 164/06, in GU C 164 del 13.5.2020, pagg. 21-33
Il presente piano d’azione illustra in che modo la Commissione intenda realizzare i seguenti obiettivi basandosi su sei pilastri: 1) garantire l’effettiva attuazione del quadro esistente dell’UE in materia di antiriciclaggio e contrasto del finanziamento del terrorismo; istituire un corpus normativo unico dell’UE in materia di antiriciclaggio e di contrasto del finanziamento del terrorismo; 2) realizzare a livello UE la vigilanza in materia di antiriciclaggio e di contrasto del finanziamento del terrorismo; 3) istituire un meccanismo di sostegno e cooperazione per le unità di informazione finanziaria; 4) attuare le disposizioni di diritto penale e lo scambio di informazioni a livello unionale; rafforzare la dimensione internazionale del quadro in materia di antiriciclaggio e contrasto del finanziamento del terrorismo
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Report from the Commission to the European parliament and the Council on the implementation of Directive 2012/29/EU of the European Parliament and of the Council of 25 October 2012 establishing minimum standards on the rights, support and protection of victims of crime, and replacing Council Framework Decision 2001/220/JHA, Brussels 11.5.2020, COM(2020) 188 final
Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione della direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI, Bruxelles 11.5.2020, COM(2020) 188 final
In conformità dell’art. 29 della direttiva sui diritti delle vittime, la presente relazione valuta in che misura gli Stati membri hanno adottato le misure necessarie per conformarsi alla direttiva. Tale direttiva, infatti, non prevede solo il recepimento nell’ordinamento nazionale, bensì impone agli Stati membri anche l’adozione di misure non legislative quali l'istituzione di servizi di assistenza generale e specialistica e la garanzia che gli operatori che entrano in contatto con le vittime ricevano un’efficace formazione relativa ai diritti e alle esigenze delle vittime.
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Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione della direttiva 2011/99/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, sull’ordine di protezione europeo, Bruxelles 11.5.2020, COM(2020) 187 final
La presente relazione valuta l’applicazione della direttiva sull’ordine di protezione europeo, come richiesto dall’art. 23 della stessa. Essa, in particolare, si concentra sulle disposizioni che formano il nucleo della direttiva e che sono fondamentali ai fini del buon funzionamento dell’ordine di protezione europeo. Tra queste figurano: la designazione delle autorità competenti; la necessità di una misura di protezione esistente in base al diritto nazionale; l’emissione e il riconoscimento di un ordine di protezione europeo; le conseguenze di una violazione delle misure adottate sulla base di un ordine di protezione europeo; e l’obbligo di informare le parti circa i rispettivi diritti e le decisioni pertinenti.
APRILE 2020
Non vi sono aggiornamenti normativi e giurisprudenziali.
MARZO 2020
Judgment of the Court (Grand Chamber) of 3 March 2020
(X, case C‑717/18)
Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 3 marzo 2020
(causa C‑717/18, X)
La Grande sezione della Corte di giustizia, con la presente sentenza dichiara che l’art. 2, par. 2, della decisione quadro 2002/584/GAI, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, deve essere interpretato nel senso che, al fine di verificare se il reato per il quale è stato emesso un MAE sia punito, nello Stato membro emittente, con una pena o una misura di sicurezza privative della libertà di durata massima non inferiore a tre anni, come definita dalla legge di tale Stato membro emittente, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve prendere in considerazione la legge dello Stato membro emittente nella versione applicabile ai fatti che hanno dato luogo al procedimento nell’ambito del quale è stato emesso il mandato d’arresto europeo.
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Judgment of the Court (First Chamber) of 4 March 2020
(Centraal Justitieel Incassobureau, Ministerie van Veiligheid en Justitie (CJIB) v. Bank BGŻ BNP Paribas S.A, case C-183/18)
Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 4 marzo 2020
(causa C-183/18, Centraal Justitieel Incassobureau, Ministerie van Veiligheid en Justitie (CJIB) c. Bank BGŻ BNP Paribas S.A)
La Corte precisa che la nozione di “persona giuridica” di cui, in particolare, all’art. 1, lett. a), e all’art. 9, par. 3, della decisione quadro 2005/214/GAI deve essere interpretata alla luce del diritto dello Stato di emissione della decisione che infligge una sanzione pecuniaria. A tal riguardo va chiarito, infatti, che tale decisione quadro impone agli Stati membri l’obbligo di dare esecuzione ad una sanzione pecuniaria, indipendentemente dal fatto che le normative nazionali ammettano, o meno, il principio della responsabilità penale delle persone giuridiche. Vero è che la decisione quadro 2005/214 non impone ad un organo giurisdizionale di uno Stato membro di disapplicare una disposizione del diritto nazionale incompatibile con l’art. 9, par. 3, della decisione quadro 2005/214, come modificata dalla decisione quadro 2009/299, poiché tale disposizione è priva di effetto diretto, nondimeno, però, il giudice del rinvio è tenuto a procedere, quanto più possibile, ad un’interpretazione conforme del diritto nazionale al fine di garantire un risultato compatibile con lo scopo perseguito dalla decisione quadro 2005/214, come modificata dalla decisione quadro 2009/299.
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Judgment of the Court (Fourth Chamber) of 11 March 2020
(SF, case C-314/18)
Sentenza della Corte (Quarta Sezione) del 11 marzo 2020
(causa C-314/18, SF)
L’art. 5, punto 3, della decisione quadro 2002/584/GAI relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, in combinato disposto con l’art. 1, par. 3, della medesima, nonché con l’art. 1, lett. a), l’art. 3, parr. 3 e 4, e l’art. 25 della decisione quadro 2008/909/GAI relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell’Unione europea, come modificate dalla decisione quadro 2009/299/GAI deve essere interpretato nel senso che, qualora lo Stato membro di esecuzione subordini la consegna della persona, cittadina o residente di quest’ultimo, che è oggetto di un mandato d’arresto europeo ai fini dell’esercizio di un’azione penale alla condizione che tale persona, dopo essere stata ascoltata, gli sia rinviata per scontarvi la pena o la misura di sicurezza privative della libertà eventualmente pronunciate nei suoi confronti nello Stato membro di emissione, quest’ultimo Stato deve procedere a detto rinvio non appena la suddetta decisione di condanna sia divenuta definitiva, a meno che motivi concreti relativi al rispetto dei diritti della difesa della persona interessata o alla buona amministrazione della giustizia non rendano indispensabile la presenza di tale persona in detto Stato, fino a quando non sia intervenuta una decisione definitiva nelle altre fasi procedurali che si inseriscono nel procedimento penale relativo al reato alla base del mandato d’arresto europeo.
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Judgment of the Court (Second Chamber) of 12 March 2020
(VW, case C-659/18)
Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 12 marzo 2020
(causa C-659/18, VW)
La Corte dichiara che la direttiva 2013/48/UE relativa al diritto di avvalersi di un difensore nel procedimento penale e nel procedimento di esecuzione del mandato d’arresto europeo, al diritto di informare un terzo al momento della privazione della libertà personale e al diritto delle persone private della libertà personale di comunicare con terzi e con le autorità consolari, e segnatamente il suo art. 3, par. 2, letto alla luce dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretata nel senso che osta ad una normativa nazionale, come interpretata dalla giurisprudenza nazionale, secondo la quale il beneficio del diritto di avvalersi di un difensore può, nel corso della fase che precede il processo penale, essere rinviato in ragione della mancata comparizione dell’indagato o dell’imputato, e questo a seguito di una citazione a comparire dinanzi ad un giudice per le indagini preliminari, sino all’esecuzione del mandato di arresto nazionale emesso nei confronti dell’interessato.
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Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 19 marzo 2020
(causa C-234/18, Komisia za protivodeystvie na koruptsiyata i za otnemane na nezakonno pridobitoto imushtestvo c. BP e altri)
La Corte interpreta la decisione quadro 2005/212/GAI del Consiglio, del 24 febbraio 2005, relativa alla confisca di beni, strumenti e proventi di reato, nel senso che essa non osta ad una normativa di uno Stato membro che prevede che la confisca di beni acquisiti illecitamente sia disposta da un giudice nazionale al termine di un procedimento che non è subordinato alla constatazione di un reato né, a fortiori, alla condanna dei presunti autori di tale reato.
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Judgment of the Court (First Chamber) of 26 March 2020
(A.P., case C-2/19)
Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 26 marzo 2020
(causa C-2/19, A.P.)
La Corte di giustizia precisa che l’art. 1, par. 2, della decisione quadro 2008/947/GAI relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze e alle decisioni di sospensione condizionale in vista della sorveglianza delle misure di sospensione condizionale e delle sanzioni sostitutive, letto in combinato disposto con l’art. 4, par. 1, lett. d), di quest’ultima, deve essere interpretato nel senso che il riconoscimento di una sentenza che ha irrogato una pena detentiva, la cui esecuzione sia sospesa alla sola condizione di rispettare un obbligo di legge di astenersi dal commettere un nuovo reato durante il periodo di sospensione condizionale, rientra nell’ambito di applicazione di detta decisione quadro, purché tale obbligo di legge risulti da detta sentenza o da una decisione di sospensione condizionale emessa in base a detta sentenza, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.
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Si segnala inoltre…
FEBBRAIO 2020
Judgment of the Court (Fifth Chamber) of 12 February 2020
(Nikolay Kolev e a., causa C-704/18)
Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 12 febbraio 2020
(causa C-704/18, Nikolay Kolev e a.)
La Corte precisa che, alla luce dell’interpretazione dell’art. 6, par. 3, e dell’art. 7, par. 3, della direttiva 2012/13/UE sul diritto all’informazione nei procedimenti penali, accolta dalla Corte al punto 2 del dispositivo della sentenza del 5 giugno 2018, Kolev e a., causa C-612/15, l’art. 267 TFUE deve essere interpretato nel senso che non osta ad una norma di diritto processuale nazionale che obbliga il giudice del rinvio, nella causa che ha dato origine a tale sentenza, a conformarsi ad un’ingiunzione rivoltagli da un giudice di grado superiore, di restituire gli atti al pubblico ministero, a seguito della chiusura della fase giudiziaria del procedimento penale, affinché siano sanate le irregolarità procedurali commesse durante la fase delle indagini preliminari di tale procedimento, a condizione che tali disposizioni del diritto dell’Unione, come interpretate dalla Corte al punto 2 del dispositivo di detta sentenza, siano rispettate nell’ambito della fase delle indagini preliminari del procedimento penale o in quello della fase giudiziale di esso che ne seguirà.
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Judgment of the Court (Sixth Chamber) of 13 February 2020
(TX, UW, causa C-688/18)
Sentenza della Corte (Sesta Sezione) del 13 febbraio 2020
(causa C-688/18, TX, UW)
La Corte precisa che l’art. 8, parr. 1 e 2, della direttiva (UE) 2016/343 sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali, deve essere interpretato nel senso che non osta ad una normativa nazionale la quale prevede che, nel caso in cui l’imputato sia stato informato in un tempo adeguato del processo e delle conseguenze della mancata comparizione e sia stato rappresentato da un difensore incaricato, da lui nominato, il suo diritto di presenziare al processo non deve ritenersi violato quando l’imputato medesimo: abbia deciso, in modo inequivocabile, di non comparire ad una delle udienze tenutesi nell’ambito del processo, oppure non sia comparso ad una di tali udienze per un motivo a lui non imputabile ove, in seguito a tale udienza, sia stato informato delle attività svolte in sua assenza e, consapevolmente, abbia deciso e dichiarato di non contestare la legittimità di tali attività invocando la sua mancata comparizione o di voler partecipare a tali attività, di modo che il giudice nazionale adito ripeta tali attività, in particolare procedendo ad una nuova assunzione testimoniale, alla quale l’imputato abbia avuto la possibilità di partecipare adeguatamente.
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Il presente regolamento interno relativo al trattamento e alla protezione dei dati personali presso Eurojust attua le disposizioni in materia di protezione dei dati del regolamento Eurojust e del regolamento 2018/1725. Esso si applica al trattamento interamente o parzialmente automatizzato di dati personali e al trattamento non automatizzato di dati personali contenuti in un archivio o destinati a figurarvi, nonché a tutti i dati personali trattati da Eurojust, compresi quelli contenuti in informazioni da essa redatte, ricevute o detenute, riguardanti questioni inerenti a politiche, attività e decisioni rientranti nel suo ambito di competenza.
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Si segnala inoltre…
Rules of procedure of Eurojust, in OJ L 50/1 OF 24.2.2020, pages 1-9
Regolamento interno di Eurojust, in GU L 50 del 24.2.2020, pp. 1-9
GENNAIO 2020
Non vi sono aggiornamenti normativi e giurisprudenziali.
DICEMBRE 2019
Judgment of the Court (First Chamber) of 5 December 2019
(Centraal Justitieel Incassobureau, Ministerie van Veiligheid en Justitie (CJIB), case C-671/18)
Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 5 dicembre 2019
(causa C-671/18, Centraal Justitieel Incassobureau, Ministerie van Veiligheid en Justitie (CJIB))
La Corte di giustizia precisa che l’art. 7, par. 2, lett. g), e l’art. 20, par. 3, della decisione quadro 2005/214/GAI relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sanzioni pecuniarie, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI, devono essere interpretati nel senso che, qualora una decisione che infligge una sanzione pecuniaria sia stata notificata conformemente alla normativa nazionale dello Stato membro della decisione con l’indicazione del diritto di proporre ricorso e del termine per farlo, l’autorità dello Stato membro di esecuzione non può rifiutare il riconoscimento e l’esecuzione di tale decisione purché l’interessato abbia avuto un termine sufficiente per proporre un ricorso contro di essa, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare, e che a tale proposito non rileva il fatto che il procedimento di irrogazione della sanzione pecuniaria di cui trattasi fosse di tipo amministrativo. Inoltre, l’art. 20, par. 3, della decisione quadro 2005/214, come modificata dalla decisione quadro 2009/299, deve essere interpretato nel senso che l’autorità competente dello Stato membro di esecuzione non può rifiutare il riconoscimento e l’esecuzione di una decisione che infligge una sanzione pecuniaria riguardante infrazioni stradali qualora tale sanzione sia stata inflitta alla persona a nome della quale il veicolo di cui trattasi è immatricolato sulla base di una presunzione di responsabilità prevista dalla normativa nazionale dello Stato membro della decisione, purché tale presunzione possa essere invertita.
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Judgment of the Court (First Chamber) of 12 December 2019
(ZB, case C-627/19 PPU)
Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 12 dicembre 2019
(causa C-627/19 PPU, ZB)
Con tale sentenza la Corte di giustizia dichiara che la decisione quadro 2002/584/GAI relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI, deve essere interpretata nel senso che non osta ad una normativa di uno Stato membro la quale, mentre attribuisce la competenza ad emettere un mandato d’arresto europeo ai fini dell’esecuzione di una pena ad un’autorità che, pur partecipando all’amministrazione della giustizia di tale Stato membro, non è essa stessa un organo giurisdizionale, non prevede l’esistenza di un ricorso giurisdizionale distinto contro la decisione della suddetta autorità di emettere un tale mandato d’arresto europeo.
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Judgment of the Court (First Chamber) of 12 December 2019
(JR e YC, in the joined cases C‑566/19 PPU e C‑626/19 PPU)
Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 12 dicembre 2019
(cause riunite C‑566/19 PPU e C‑626/19 PPU, JR e YC)
La Corte precisa che l’art. 6, par. 1, della decisione quadro 2002/584/GAI relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, deve essere interpretato nel senso che rientrano nella nozione di «autorità giudiziaria emittente», ai sensi di tale disposizione, i magistrati della procura di uno Stato membro, incaricati dell’azione pubblica e collocati sotto la direzione e il controllo dei loro superiori gerarchici, qualora il loro status conferisca loro una garanzia di indipendenza, in particolare rispetto al potere esecutivo, nell’ambito dell’emissione del MAE. Inoltre, siffatta decisione quadro deve essere interpretata nel senso che i requisiti inerenti ad una tutela giurisdizionale effettiva di cui deve beneficiare una persona nei confronti della quale è emesso un MAE ai fini dell’esercizio di un’azione penale sono soddisfatti qualora, secondo la normativa dello Stato membro emittente, le condizioni per l’emissione di tale mandato e in particolare la sua proporzionalità siano oggetto di un sindacato giurisdizionale in detto Stato membro.
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Judgment of the Court (First Chamber) of 12 December 2019
(XD, case C-625/19 PPU)
Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 12 dicembre 2019
(causa C-625/19 PPU, XD)
Con tale sentenza la Corte precisa che la decisione quadro 2002/584/GAI relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, deve essere interpretata nel senso che i requisiti inerenti ad una tutela giurisdizionale effettiva di cui deve beneficiare una persona nei confronti della quale è emesso un mandato d’arresto europeo ai fini dell’esercizio di un’azione penale sono soddisfatti qualora, secondo la normativa dello Stato membro emittente, le condizioni per l’emissione di tale mandato e in particolare la sua proporzionalità siano oggetto di un sindacato giurisdizionale in detto Stato membro.
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Si segnala inoltre…
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Council conclusions on victims’ rights (2019/C 422/05), in OJ 422/5 of 16.12.2019, pages 5-8
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NOVEMBRE 2019
Judgment of the Court (First Chamber) of 28 November 2019
Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 28 novembre 2019
La Corte di giustizia precisa che l’art. 6 della direttiva (UE) 2016/343 sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali e gli artt. 6 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea non sono applicabili ad una normativa nazionale che subordina la rimessione in libertà di una persona sottoposta a custodia cautelare alla prova, da parte di tale persona, di nuove circostanze che giustifichino tale rimessione in libertà. D’altronde una decisione giudiziaria il cui unico scopo è l’eventuale mantenimento di un imputato in custodia cautelare, accertando se la persona debba o meno essere rimessa in libertà non può essere qualificata come una decisione giudiziaria che si pronuncia sulla colpevolezza dell’imputato, ai sensi di tale direttiva.
OTTOBRE 2019
Judgment of the Court (Second Chamber) of 9 October 2019
(NJ, case C-489/19 PPU)
Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 9 ottobre 2019
(causa C-489/19, NJ)
Con tale sentenza la Corte di giustizia chiarisce che la nozione di «mandato d’arresto europeo», di cui all’art. 1, par. 1, della decisione quadro 2002/584/GAI deve essere interpretata nel senso che rientrano in tale nozione i mandati d’arresto europei emessi dalle procure di uno Stato membro, sebbene tali procure siano esposte al rischio di essere sottoposte, direttamente o indirettamente, ad ordini o ad istruzioni individuali da parte del potere esecutivo, come un Ministro della giustizia, nell’ambito dell’emissione di tali mandati d’arresto, purché detti mandati siano obbligatoriamente oggetto, per poter essere trasmessi da dette procure, di una convalida da parte di un tribunale che controlli in modo indipendente e obiettivo, avendo accesso all’intero fascicolo penale in cui sono inseriti eventuali ordini o istruzioni individuali del potere esecutivo, le condizioni di emissione nonché la proporzionalità di tali mandati d’arresto, adottando così una decisione autonoma che conferisce loro forma definitiva.
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Judgment of the Court (Grand Chamber) of 15 October 2019
(Dumitru-Tudor Dorobantu, case C-128/18)
Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 15 ottobre 2019
(causa C-128/18, Dumitru-Tudor Dorobantu)
L’art. 1, par. 3, della decisione quadro 2002/584/GAI letto in combinato disposto con l’art. 4 della Carta dei diritti fondamentali, deve essere interpretato nel senso che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione, ove disponga di elementi oggettivi, attendibili, precisi e debitamente aggiornati, attestanti l’esistenza di carenze sistemiche o generalizzate delle condizioni di detenzione negli istituti penitenziari dello Stato membro emittente, deve, al fine di valutare se esistano seri e comprovati motivi di ritenere che, a seguito della sua consegna al suddetto Stato membro, la persona oggetto di un MAE correrà un rischio reale di essere sottoposta ad un trattamento inumano o degradante, ai sensi del citato art. 4 della Carta, tener conto dell’insieme degli aspetti materiali pertinenti delle condizioni di detenzione nell’istituto penitenziario nel quale è concretamente previsto che tale persona verrà reclusa, quali lo spazio personale disponibile per detenuto in una cella di tale istituto, le condizioni sanitarie, nonché l’ampiezza della libertà di movimento del detenuto nell’ambito di detto istituto. Per quanto riguarda, in particolare, lo spazio personale disponibile per detenuto, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve, in assenza, allo stato attuale, di regole minime in materia nel diritto dell’Unione, tener conto dei requisiti minimi risultanti dall’art. 3 della CEDU Se, per il calcolo di questo spazio disponibile, non si deve tener conto dello spazio occupato dalle infrastrutture sanitarie, tale calcolo deve però includere lo spazio occupato dal mobilio. I detenuti devono tuttavia conservare la possibilità di muoversi normalmente nella cella. Inoltre, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione non può escludere l’esistenza di un rischio reale di trattamento inumano o degradante per il solo fatto che la persona interessata disponga, nello Stato membro emittente, di un mezzo di ricorso che le permetta di contestare le condizioni della propria detenzione, o per il solo fatto che esistano, in tale Stato membro, misure legislative o strutturali destinate a rafforzare il controllo delle condizioni di detenzione.
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Judgment of the Court (First Chamber) of 24 October 2019
(Ivan Gavanozov, case C-324/17)
Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 24 ottobre 2019
(causa C-324/17, Ivan Gavanozov)
Con tale sentenza la Corte di giustizia precisa che l’art. 5, par. 1, della direttiva 2014/41/UE relativa all’ordine europeo di indagine penale, in combinato disposto con la sezione J del modulo di cui all’allegato A di tale direttiva, deve essere interpretato nel senso che l’autorità giudiziaria di uno Stato membro non deve, al momento dell’emissione di un ordine europeo di indagine, far figurare in tale sezione una descrizione dei mezzi di impugnazione che sono previsti, se del caso, nel suo Stato membro avverso l’emissione di un siffatto ordine.
Si segnala inoltre…
SETTEMBRE 2019
Judgment of the Court (Second Chamber) of 5 September 2019
(AH, PB, CX, KM, PH, causa C-377/18)
Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 5 settembre 2019
(causa C-377/18, AH, PB, CX, KM, PH)
La Corte di giustizia precisa che l’art. 4, par. 1, della direttiva (UE) 2016/343, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali, deve essere interpretato nel senso che non osta a che un accordo nel quale l’imputato riconosce la propria colpevolezza in cambio di una riduzione di pena, e che deve essere approvato da un giudice nazionale, menzioni espressamente quali coautori del reato in questione non soltanto tale imputato, ma anche altre persone imputate, le quali non hanno riconosciuto la propria colpevolezza e sono sottoposte ad un procedimento penale distinto, a condizione, da un lato, che tale menzione sia necessaria per la qualificazione della responsabilità giuridica dell’imputato che ha concluso l’accordo e, dall’altro, che il medesimo accordo indichi chiaramente che tali altre persone sono imputate in un procedimento penale distinto e che la loro colpevolezza non è stata legalmente accertata.
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Judgment of the Court (Tenth Chamber) of 19 September 2019
(EP, case C-467/18)
Sentenza della Corte (Decima Sezione) del 29 settembre 2019
(causa C-467/18, EP)
Con tale sentenza la Corte di giustizia interpreta la direttiva 2012/13/UE e la direttiva 2013/48/UE, rispettivamente sul diritto all’informazione e ad avvalersi di un difensore nei procedimenti penali, nel senso che si applicano anche ad una procedura giudiziaria che, sebbene non conduca ad una pena in senso stretto, dia comunque luogo ad una misura privativa della libertà, purché tale misura autorizzi non solo per motivi terapeutici, ma anche di sicurezza, il ricovero psichiatrico coatto di persone che, in stato di demenza, hanno commesso atti che costituiscono un pericolo per la società. In particolare, la citata direttiva 2012/13 deve essere interpretata nel senso che le persone sospettate di aver commesso un reato devono essere informate dei loro diritti il più rapidamente possibile e, al più tardi, antecedentemente al loro primo interrogatorio da parte della polizia. Infine, l’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali, insieme all’art. 8, par. 2 della direttiva 2012/13 e l’art. 12 della direttiva 2013/48 ostano ad una normativa nazionale che autorizza tale ricovero se tale normativa non consente al giudice competente di verificare che i diritti procedurali previsti da tali direttive siano stati rispettati. In ogni caso né la direttiva 2016/343 sulla presunzione di innocenza, né la Carta di Nizza/Strasburgo si applicano ad una procedura giudiziaria di ricovero psichiatrico coatto a fini terapeutici 1) poiché esiste il rischio che, tenuto conto del suo stato di salute, la persona interessata sia un pericolo per la sua salute o quella di terzi e 2) nessun elemento del fascicolo sottoposto alla Corte consente di ritenere che una simile procedura di ricovero psichiatrico coatto a fini terapeutici, costituisca un’attuazione del diritto dell’Unione (vedi art. 51, par. 1, della Carta).
Si segnala inoltre…
AGOSTO 2019
Non vi sono aggiornamenti normativi e giurisprudenziali.
LUGLIO 2019
Judgment of the Court (First Chamber) of 29 July 2019
(Massimo Gambino, Shpetim Hyka, case C-38/18)
Sentenza della Corte (Ottava Sezione) del 29 luglio 2019
(causa C-38/18, Massimo Gambino, Shpetim Hyka)
Con tale sentenza la Corte di Lussemburgo interpreta gli artt. 16 e 18 della direttiva 2012/29/UE nel senso che non ostano ad una normativa nazionale ai sensi della quale, nel caso in cui la vittima di un reato sia stata sentita una prima volta dal collegio giudicante di un organo giurisdizionale penale di primo grado e la composizione di tale collegio sia successivamente mutata, detta vittima deve, in linea di principio, essere nuovamente sentita dal collegio di nuova composizione qualora una delle parti nel procedimento rifiuti che detto collegio si basi sul verbale della prima audizione di detta vittima.
Pubblicata la Direttiva (UE) 2019/1153 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, che reca disposizioni per agevolare l’uso di informazioni finanziarie e di altro tipo a fini di prevenzione, accertamento, indagine o perseguimento di determinati reati, e che abroga la decisione 2000/642/GAI del Consigli, PE/64/2019/REV/1, in GU L 186 dell’11.7.2019, pagg. 122-137
La presente direttiva stabilisce misure intese ad agevolare l’accesso alle informazioni finanziarie e alle informazioni sui conti bancari e il loro utilizzo da parte delle autorità competenti a fini della prevenzione, dell’accertamento, dell’indagine o del perseguimento di reati gravi. Essa prevede, inoltre, misure intese ad agevolare l’accesso delle unità di informazione finanziaria («FIU»), alle informazioni in materia di contrasto per la prevenzione e il contrasto del riciclaggio, dei reati presupposto associati e del finanziamento del terrorismo, nonché misure per favorire la cooperazione tra FIU.
GIUGNO 2019
Judgment of the Court (First Chamber) of 13 June 2019
(Gianluca Moro, case C-646/17)
Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 13 giugno 2019
(causa C-646/17, Gianluca Moro)
In sede di rinvio pregiudiziale, la Corte di giustizia precisa che l’art. 6, par. 4, della direttiva 2012/13/UE sul diritto all’informazione nei procedimenti penali, e l’art. 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea devono essere interpretati nel senso che non ostano ad una normativa nazionale in forza della quale l’imputato può domandare, nel corso del dibattimento, l’applicazione di una pena su richiesta nel caso di una modifica dei fatti su cui si basa l’imputazione, e non nel caso di una modifica della qualificazione giuridica dei fatti oggetto dell’imputazione.
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Judgment of the Court (Grand Chamber) of 24 June 2019
(Daniel Adam Popławski, case C-573/17)
Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 24 giugno 2019
(causa C-573/17, Daniel Adam Popławski)
I giudici di Lussemburgo precisano che l’art. 28, par. 2, della decisione quadro 2008/909/GAI relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che non può produrre effetti giuridici una dichiarazione resa, ai sensi di tale disposizione, da uno Stato membro successivamente alla data di adozione di detta decisione quadro. Inoltre, il principio del primato del diritto dell’Unione deve essere interpretato nel senso che esso non impone da un giudice nazionale di disapplicare una disposizione del diritto nazionale incompatibile con le disposizioni di una decisione quadro, come le decisioni quadro di cui al procedimento principale, i cui effetti giuridici sono mantenuti conformemente all’art. 9 del protocollo (n. 36) sulle disposizioni transitorie, allegato ai trattati, non avendo tali disposizioni effetto diretto. Le autorità degli Stati membri, compresi i giudici, sono tuttavia tenute a procedere, quanto più possibile, ad un’interpretazione conforme del loro diritto nazionale che consenta loro di garantire un risultato compatibile con la finalità perseguita dalla decisione quadro di cui trattasi.
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Conclusioni del Consiglio - «Sinergie tra Eurojust e le reti istituite dal Consiglio nel settore della cooperazione giudiziaria in materia penale» ST/9643/2019/INIT, in GU C 207 del 18.6.2019, pagg. 1-7
Il Consiglio incoraggia Eurojust e le quattro reti istituite dal Consiglio, ossia la rete giudiziaria europea (RGE), la rete europea di punti di contatto in materia di persone responsabili di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra (rete sul genocidio), la rete di esperti sulle squadre investigative comuni (rete delle SIC) e la rete giudiziaria europea per la criminalità informatica (EJCN), a sviluppare ulteriormente il coordinamento e le sinergie reciproci e al fine di combattere le forme gravi di criminalità e agevolare la cooperazione in materia penale nell’Unione europea con ancora più efficacia.
Si segnala inoltre…
MAGGIO 2019
Judgment of the Court (Grand Chamber) of 27 May 2019
(OG e PI, joined cases C-508/18 e C-82/19 PPU)
Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 27 maggio 2019
(cause riunite C-508/18 e C-82/19 PPU, OG e PI)
La Grande sezione della Corte di giustizia chiarisce che la nozione di “autorità giudiziaria emittente”, ai sensi dell’art. 6, par. 1, della decisione quadro 2002/584/GAI relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI deve essere interpretata nel senso che non ricomprende le procure di uno Stato membro che siano esposte al rischio di essere soggette, direttamente o indirettamente, ad ordini o ad istruzioni individuali da parte del potere esecutivo, quale un Ministro della Giustizia, nell’ambito dell’adozione di una decisione relativa all’emissione di un mandato d’arresto europeo.
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Judgment of the Court (Grand Chamber) of 27 May 2019
Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 27 maggio 2019
La Grande sezione della Corte di giustizia precisa che la nozione di «autorità giudiziaria emittente», ai sensi dell’art. 6, par. 1, della decisione quadro 2002/584/GAI relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI, deve essere interpretata nel senso che ricomprende il procuratore generale di uno Stato membro che, pur essendo strutturalmente indipendente dal potere giudiziario, è competente ad esercitare l’azione penale e il cui status, in tale Stato membro, gli riconosce una garanzia di indipendenza dal potere esecutivo nell’ambito dell’emissione di un mandato d’arresto europeo.
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Il presente regolamento istituisce un quadro per garantire l’interoperabilità tra il sistema di ingressi/uscite (EES), il sistema di informazione visti (VIS), il sistema europeo di informazione e autorizzazione ai viaggi (ETIAS), l’Eurodac, il sistema d’informazione Schengen (SIS) e il sistema europeo di informazione sui casellari giudiziali riguardo ai cittadini di paesi terzi (ECRIS-TCN), affinché essi si integrino reciprocamente unitamente ai relativi dati, rispettando nel contempo i diritti fondamentali degli individui, in particolare il diritto alla protezione dei dati personali.
Si segnala inoltre…
Risoluzione del Comitato europeo delle regioni sulla lotta all’incitamento all’odio e ai reati motivati dall’odio, in GU C 168 del 16.5.2019, pagg. 1-3
APRILE 2019
Non vi sono aggiornamenti normativi e giurisprudenziali
MARZO 2019
Non vi sono aggiornamenti normativi e giurisprudenziali
FEBBRAIO 2019
Order of the Court (First Chamber) of 12 Febraury 2019
Ordinanza della Corte (Prima Sezione) del 12 febbraio 2019
Con tale sentenza la Corte di giustizia afferma che l’art. 267 TFUE e l’art. 47, co. 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea devono essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa nazionale, come interpretata dalla giurisprudenza, dalla quale consegua che il giudice nazionale è tenuto a pronunciarsi sulla legittimità di una decisione di custodia cautelare senza poter presentare una domanda di pronuncia pregiudiziale alla Corte o attendere la sua risposta. Inoltre, gli artt. 4 e 6 della direttiva (UE) 2016/343 sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali, in combinato disposto con il considerando 16 della stessa, devono essere interpretati nel senso che i requisiti derivanti dalla presunzione di innocenza non ostano a che, qualora il giudice competente esamini i motivi plausibili che consentono di sospettare che l’indagato o l’imputato abbia commesso il reato contestatogli, detto giudice proceda, al fine di pronunciarsi sulla legittimità di una decisione di custodia cautelare, ad un bilanciamento degli elementi di prova a carico e a discarico presentatigli e motivi la propria decisione non soltanto dando conto degli elementi considerati, ma anche pronunciandosi sulle obiezioni del difensore dell’interessato, purché tale decisione non presenti la persona sottoposta a custodia cautelare come colpevole.
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Judgment of the Court (First Chamber) of 12 February 2019
Sentenza della Corte (Quarta Sezione) del 12 Febbraio 2019
La Corte precisa che la decisione quadro 2002/584/GAI relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, deve essere interpretata nel senso che osta ad una disposizione nazionale che prevede un obbligo generale ed incondizionato di rimessa in libertà di una persona ricercata e arrestata in forza di un mandato d’arresto europeo allo scadere di un termine di 90 giorni dal suo arresto, allorché esiste un rischio molto elevato di fuga della medesima, che non può essere ridotto a un livello accettabile mediante l’imposizione di misure adeguate. Inoltre, l’art. 6 della Carta dei diritti fondamentali deve essere interpretato nel senso che osta ad una giurisprudenza nazionale che consente il mantenimento in custodia del ricercato oltre tale termine di 90 giorni – sulla base di un’interpretazione di tale disposizione nazionale secondo la quale il suddetto termine è sospeso quando l’autorità giudiziaria dell’esecuzione decide di sottoporre alla Corte di giustizia una domanda di pronuncia pregiudiziale o di attendere la risposta ad una domanda di pronuncia pregiudiziale presentata da un’altra autorità giudiziaria dell’esecuzione, oppure di rinviare la decisione sulla consegna per il motivo che potrebbe esistere, nello Stato membro emittente, un rischio concreto di condizioni detentive inumane o degradanti – nella misura in cui tale giurisprudenza non garantisce la conformità della succitata disposizione nazionale alla decisione quadro 2002/584 e presenta divergenze che possono dare luogo a durate di mantenimento in custodia diverse.
Si segnala inoltre…
GENNAIO 2019
Judgment of the Court (First Chamber) of 10 January 2019
(ET, case C-97/18)
Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 10 gennaio 2019
(causa C-97/18, ET)
La Corte di giustizia, in sede di rinvio pregiudiziale, dichiara che l’art. 12, parr. 1 e 4, della decisione quadro 2006/783/GAI del Consiglio, del 6 ottobre 2006, relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni di confisca, deve essere interpretato nel senso che non osta all’applicazione di una legge di uno Stato d’esecuzione che, ai fini dell’esecuzione di una decisione di confisca emessa nello Stato di emissione, autorizza, se del caso, l’uso di sanzioni detentive finalizzate alla coercizione dell’adempimento. Inoltre, il fatto che la legge dello Stato di emissione consenta anch’essa l’eventuale ricorso alla sanzione detentiva finalizzata alla coercizione all’adempimento non influisce in alcun modo sull’applicazione di una siffatta misura nello Stato di esecuzione.
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Regolamento (UE) 2019/125 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 gennaio 2019, relativo al commercio di determinate merci che potrebbero essere utilizzate per la pena di morte, per la tortura o per altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti
Il presente regolamento stabilisce le norme dell’Unione che disciplinano gli scambi con i paesi terzi di merci che potrebbero essere utilizzate per la pena di morte, per la tortura o per altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti e le norme che disciplinano la fornitura di servizi di intermediazione, di assistenza tecnica, di formazione e di pubblicità riguardanti tali merci.
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Judgment of the Court (Fourth Chamber) of 17 January 2019
(Petar Dzivev, Galina Angelova, Georgi Dimov, Milko Velkov, case C-310/16)
Sentenza della Corte (Quarta Sezione) del 17 gennaio 2019
(causa C-310/16, Petar Dzivev, Galina Angelova, Georgi Dimov, Milko Velkov)
La Corte precisa che l’art. 325, par. 1, TFUE, nonché l’art. 1, par. 1, lett. b), e l’art. 2, par. 1, della Convenzione elaborata in base all’art. K.3 TUE, relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, firmata a Lussemburgo il 26 luglio 1995, letti alla luce della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, devono essere interpretati nel senso che non ostano, con riferimento al principio di effettività delle azioni penali relative a reati in materia di IVA, all’applicazione, da parte del giudice nazionale, di una norma nazionale a tenore della quale devono essere esclusi da un procedimento penale elementi di prova, quali le intercettazioni telefoniche, che richiedono una preventiva autorizzazione giudiziaria, qualora l’autorizzazione di cui trattasi sia stata rilasciata da un’autorità giudiziaria incompetente, persino quando solo tali elementi di prova siano atti a dimostrare la commissione dei reati di cui trattasi
DICEMBRE 2018
Judgment of the Court (First Chamber) of 6 December 2018
Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 6 dicembre 2018
La Corte di giustizia chiarisce che l’art. 8, par. 1, lett. f), della decisione quadro 2002/584/GAI relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI deve essere interpretato nel senso che l’omessa indicazione, nel mandato d’arresto europeo sulla base del quale ha avuto luogo la consegna dell’interessato, della pena accessoria di messa a disposizione alla quale è stato condannato per lo stesso reato e con la stessa decisione giudiziaria emessa relativamente alla pena principale privativa della libertà, non osta a che l’esecuzione di tale pena accessoria, alla scadenza della pena principale e dopo una decisione formale adottata in tal senso dal giudice nazionale competente in materia di esecuzione delle pene, dia luogo ad una privazione della libertà.
Il presente regolamento stabilisce le norme secondo le quali uno Stato membro riconosce ed esegue nel suo territorio provvedimenti di congelamento e provvedimenti di confisca emessi da un altro Stato membro nel quadro di un procedimento in materia penale.
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Il presente regolamento stabilisce le condizioni e le procedure applicabili all’inserimento e al trattamento nel Sistema d’informazione Schengen delle segnalazioni di persone e oggetti e allo scambio di informazioni supplementari e dati complementari per la cooperazione di polizia e la cooperazione giudiziaria in materia penale. Inoltre, prevede disposizioni sulle competenze degli Stati membri e dell’agenzia dell’Unione europea per la gestione operativa dei sistemi IT su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia («eu-LISA»), sulle regole sul trattamento dei dati, sui diritti delle persone interessate e sulla responsabilità.
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Si segnala inoltre…
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NOVEMBRE 2018
Il presente regolamento mira a modificare ed ampliare le disposizioni della decisione 2002/187/GAI, pertanto Eurojust, istituito con tale atto, sostituisce e succede all’unità Eurojust istituita con la citata decisione e ciò in conformità all’art. 85 TFUE, il quale prevede che Eurojust sia disciplinato mediante regolamento da adottarsi secondo la procedura legislativa ordinaria.
La presente direttiva stabilisce norme minime relative alla definizione dei reati e alle sanzioni in materia di riciclaggio, per contrastarlo mediante il diritto penale, consentendo una cooperazione transfrontaliera fra le autorità competenti più efficiente e più rapida. Essa non si applica al riciclaggio riguardante beni provenienti da reati lesivi degli interessi finanziari dell’Unione, che è disciplinato dalle norme specifiche di cui alla direttiva (UE) 2017/1371.
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Si segnala inoltre…
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OTTOBRE 2018
Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla lotta al riciclaggio mediante il diritto penale, PE 30 2018 REV 1, del 23 ottobre 2018
La presente proposta di direttiva, che stabilisce norme minime relative alla definizione dei reati e alle sanzioni in materia di riciclaggio, mira a contrastare il fenomeno del riciclaggio mediante il diritto penale, consentendo una cooperazione transfrontaliera fra le autorità competenti più efficiente e più rapida; essa non si applica al riciclaggio riguardante beni derivanti da reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione, che è soggetto alle norme specifiche stabilite dalla direttiva (UE) 2017/1371.
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La presente proposta di regolamento stabilisce le norme secondo le quali uno Stato membro riconosce ed esegue nel suo territorio provvedimenti di congelamento e provvedimenti di confisca emessi da un altro Stato membro nel quadro di un procedimento in materia penale.
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Si segnala inoltre…
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SETTEMBRE 2018
Judgment of the Court (First Chamber) of 19 September 2018
Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 19 settembre 2018
(causa C-327/19 PPU, RO)
La Corte di giustizia chiarisce che l’art. 50 TUE deve essere interpretato nel senso che la mera notifica da parte di uno Stato membro della propria intenzione di recedere dall’Unione europea ai sensi di tale articolo non comporta che, in caso di emissione da parte di tale Stato membro di un mandato d’arresto europeo nei confronti di una persona, lo Stato membro di esecuzione debba rifiutare di eseguire il MAE o rinviarne l’esecuzione in attesa che venga chiarito il regime giuridico che sarà applicabile nello Stato membro emittente dopo il suo recesso dall’Unione europea. In mancanza di ragioni serie e comprovate di ritenere che la persona oggetto di tale mandato d’arresto europeo rischi di essere privata dei diritti riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e dalla decisione quadro 2002/584/GAI relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI, a seguito del recesso dall’Unione europea da parte dello Stato membro emittente, lo Stato membro di esecuzione non può rifiutare l’esecuzione del medesimo mandato d’arresto europeo fintanto che lo Stato membro emittente faccia parte dell’Unione europea.
Judgment of the Court (First Chamber) of 19 September 2018
(Emil Milev, case C-310/18 PPU)
Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 19 settembre 2018
(causa C-310/18 PPU, Emil Milev
In sede di rinvio pregiudiziale i giudici di Lussemburgo precisano che l’art. 3 e l’art. 4, par. 1, della direttiva (UE) 2016/343 del sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano all’adozione di decisioni preliminari di natura procedurale, come una decisione di mantenere una misura di custodia cautelare adottata da un’autorità giudiziaria, fondate sul sospetto o su indizi di reità, purché tali decisioni non presentino la persona detenuta come colpevole. Invece, tale direttiva non disciplina le condizioni in cui possono essere adottate le decisioni di custodia cautelare.
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Si segnala inoltre…
Risoluzione del Parlamento europeo del 3 ottobre 2017 sulla lotta alla criminalità informatica (2017/2068(INI)), in GU C 346 del 27.9.2018, pagg. 29–43
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European Parliament resolution of 26 October 2017 on combating sexual harassment and abuse in the EU (2017/2897(RSP)), in OJ C 346 of 27.9.2018
Risoluzione del Parlamento europeo del 26 ottobre 2017 sulla lotta alle molestie e agli abusi sessuali nell’UE (2017/2897(RSP)), in GU C 346 del 27.9.2018, pagg. 192–199
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European Parliament decision of 6 July 2017 on setting up a special committee on terrorism, its responsibilities, numerical strength and term of office (2017/2758(RSO)), in OJ C 334, 19.9.2018, p. 189-192
Decisione del Parlamento europeo del 6 luglio 2017 sulla costituzione, le attribuzioni, la composizione numerica e la durata del mandato della commissione speciale sul terrorismo (2017/2758(RSO)), in GU C 334 del 19.9.2018, pagg. 189-192.
AGOSTO 2018
Non vi sono aggiornamenti normativi e giurisprudenziali
LUGLIO 2018
Judgment of the Court (Second Chamber) of 5 July 2018
(Dániel Bertold Lada, case C-390/16)
Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 5 luglio 2018
(causa C-390/16, Dániel Bertold Lada)
La Corte di Lussemburgo dichiara che la decisione quadro 2008/675/GAI relativa alla considerazione delle decisioni di condanna tra Stati membri dell’Unione europea in occasione di un nuovo procedimento penale, letta alla luce dell’art. 82 TFUE, deve essere interpretata nel senso che osta a che la considerazione in uno Stato membro, in occasione di un nuovo procedimento penale nei confronti di una persona, di una decisione di condanna penale definitiva precedentemente emessa dal giudice di un altro Stato membro nei confronti della stessa persona per fatti diversi, sia sottoposta ad un procedimento speciale di previo riconoscimento da parte dei giudici di tale primo Stato membro.
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Judgment of the Court (First Chamber) of 25 July 2018
Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 25 luglio 2018
L’art. 1, par. 3, l’art. 5 e l’art. 6, par. 1, della decisione quadro 2002/584/GAI relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, devono essere interpretati nel senso che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione, qualora disponga di elementi comprovanti l’esistenza di carenze sistemiche o generalizzate delle condizioni di detenzione all’interno degli istituti penitenziari dello Stato membro emittente, dei quali compete al giudice del rinvio verificare l’esattezza tenendo conto di tutti i dati aggiornati disponibili: non può escludere l’esistenza di un rischio reale che la persona interessata da un MAE sia oggetto di un trattamento inumano o degradante, ai sensi dell’art. 4 della Carta dei diritti fondamentali, per il solo motivo che tale persona disponga, nello Stato membro emittente, di un mezzo di ricorso che le permette di contestare le sue condizioni di detenzione; è tenuta unicamente ad esaminare le condizioni di detenzione negli istituti penitenziari nei quali è probabile che la suddetta persona sarà detenuta, anche in via temporanea o transitoria; deve verificare, a tal fine, solo le condizioni di detenzione concrete e precise della persona interessata che siano rilevanti al fine di stabilire se essa correrà un rischio reale di trattamento inumano o degradante; può prendere in considerazione talune informazioni fornite da autorità dello Stato membro emittente diverse dall’autorità giudiziaria emittente, quali, in particolare, la garanzia che la persona interessata non sarà sottoposta a un trattamento inumano o degradante.
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Judgment of the Court (Grand Chamber) of 25 July 2018
Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 25 luglio 2018
La Corte UE precisa che l’art. 1, par. 3, della decisione quadro 2002/584/GAI deve essere interpretato nel senso che, qualora l’autorità giudiziaria dell’esecuzione, chiamata a decidere sulla consegna di una persona oggetto di un mandato d’arresto europeo disponga di elementi idonei a dimostrare l’esistenza di un rischio reale di violazione del diritto fondamentale ad un equo processo (art. 47, co. 2, della Carta dei diritti fondamentali), a causa di carenze sistemiche o generalizzate riguardanti l’indipendenza del potere giudiziario dello Stato membro emittente, detta autorità deve verificare in modo concreto e preciso se, alla luce della situazione personale di tale persona, nonché della natura del reato per cui è perseguita e delle circostanze di fatto poste alla base del MAE, e tenuto conto delle informazioni fornite dallo Stato membro emittente, ai sensi dell’art. 15, par. 2, della decisione quadro 2002/584, vi siano motivi seri e comprovati di ritenere che, in caso di consegna a quest’ultimo Stato, detta persona corra un siffatto rischio.
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Judgment of the Court (Fifth Chamber) of 25 July 2018
Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 25 luglio 2018
L’art. 1, par. 2, della decisione quadro 2002/584/GAI deve essere interpretato nel senso che l’autorità giudiziaria dello Stato membro dell’esecuzione è tenuta ad adottare una decisione rispetto ad ogni mandato d’arresto europeo trasmessole, anche nel caso in cui, in tale Stato membro, sia stato già statuito su un precedente MAE riguardante la stessa persona e vertente sui medesimi fatti e in cui, tuttavia, il secondo mandato d’arresto europeo sia stato emesso soltanto in ragione del rinvio a giudizio, nello Stato membro emittente, della persona ricercata. Inoltre, l’art. 3, punto 2, e l’art. 4, punto 3, della decisione quadro 2002/584, devono essere interpretati nel senso che una decisione del pubblico ministero, che ha posto fine a indagini preliminari avviate contro ignoti, nel corso delle quali la persona oggetto di un mandato d’arresto europeo è stata sentita soltanto in veste di testimone, senza che sia stata esercitata l’azione penale contro tale persona e senza che detta decisione sia stata adottata nei suoi confronti, non può essere invocata per rifiutare l’esecuzione di tale MAE in base all’una o all’altra di tali disposizioni.
GIUGNO 2018
Judgment of the Court (Grand Chamber) of 5 June 2018
(Criminal proceedings against Nikolay Kolev, Milko Hristov, Stefan Kostadinov, case C-612/15)
Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 5 giugno 2018
(causa C-612/15, Procedimento penale a carico di Nikolay Kolev, Milko Hristov, Stefan Kostadinov)
L’art. 325, par. 1, TFUE deve essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale che istituisce una procedura di archiviazione del procedimento penale, la quale si applica in procedimenti avviati in casi di frode grave o di altre attività illegali gravi che ledono gli interessi finanziari dell’Unione europea in materia doganale. Spetta al giudice nazionale dare piena efficacia all’art. 325, par. 1, TFUE, disapplicando, se necessario, tale normativa, garantendo al contempo il rispetto dei diritti fondamentali degli imputati. Inoltre, l’art. 6, par. 3, della direttiva 2012/13/UE sul diritto all’informazione nei procedimenti penali, deve essere interpretato nel senso che non osta a che informazioni dettagliate sull’accusa siano comunicate alla difesa dopo il deposito presso il giudice della richiesta di rinvio a giudizio contenente l’imputazione, ma prima che quest’ultimo inizi ad esaminare l’accusa nel merito e la discussione abbia inizio dinanzi ad esso, o addirittura dopo l’avvio di tale discussione, ma prima della fase di deliberazione qualora le informazioni così comunicate siano oggetto di modifiche successive, purché il giudice adotti tutte le misure necessarie al fine di garantire il rispetto dei diritti della difesa e l’equità del procedimento. Infine, l’art. 7, par. 3, di tale direttiva deve essere interpretato nel senso che spetta al giudice nazionale garantire che alla difesa sia concessa la possibilità effettiva di accedere alla documentazione del fascicolo; mentre l’art. 3, par. 1, della direttiva 2013/48/UE deve essere interpretato nel senso che non osta ad una normativa nazionale che impone al giudice nazionale di escludere l’avvocato incaricato da due imputati, contro la volontà di questi ultimi, per il motivo che gli interessi di tali imputati sono contrastanti, né osta a che tale giudice consenta a detti imputati di conferire mandato ad un nuovo avvocato o, se del caso, designi esso stesso due avvocati d’ufficio, in sostituzione del primo avvocato.
APRILE 2018
La presente proposta di direttiva prevede modifiche alla direttiva 2015/849, che costituisce il principale strumento giuridico per la prevenzione dell’uso del sistema finanziario dell’Unione a fini di riciclaggio di denaro e finanziamento del terrorismo. Essa nasce dall’esigenza di adottare ulteriori misure volte a garantire la maggiore trasparenza delle operazioni finanziarie, delle società e degli altri soggetti giuridici, nonché dei trust e degli “istituti giuridici affini”, allo scopo di migliorare l’attuale quadro di prevenzione e di contrastare più efficacemente il finanziamento del terrorismo.
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Con tale risoluzione il Parlamento invita gli Stati membri a condannare fermamente tutte le forme di violenza basata sul genere e ad impegnarsi a eliminarle, introducendo la prospettiva di genere in tutte le politiche. A tal riguardo ritiene che l’ordine di protezione europeo possa essere uno strumento efficace per proteggere le vittime; tuttavia rileva, con preoccupazione che, dal momento del recepimento della direttiva, solo sette OPE sono stati individuati negli Stati membri, sebbene negli ultimi anni ne siano stati richiesti migliaia. Pertanto, chiede alla Commissione e ai Paesi UE di effettuare un esame approfondito delle modalità possibili per migliorare la legislazione relativa all’OPE e la sua attuazione efficace in tutti gli Stati membri.
MARZO 2018
Non vi sono aggiornamenti normativi e giurisprudenziali
FEBBRAIO 2018
Non vi sono aggiornamenti normativi e giurisprudenziali
GENNAIO 2018
Judgment of the Court (Grand Chamber), 23 January 2018
(Openbaar Ministerie v. Dawid Piotrowski, case C-367/16, ECLI:EU:C:2018:27)
Corte di giustizia (Grande Sezione), sentenza del del 23 gennaio 2018
(Openbaar Ministerie v. Dawid Piotrowski, causa C-367/16, ECLI:EU:C:2018:27)
La Grande Sezione della Corte di giustizia interpreta l’art. 3, punto 3, della decisione quadro sul mandato di arresto europeo ritenendo che l’autorità giudiziaria dello Stato membro di esecuzione debba rifiutare la consegna non di tutti i minori, ma soltanto dei soggetti che, in ragione della loro età, non possano essere oggetto di alcun procedimento penale o condanna penale nello Stato membro di esecuzione. Inoltre, ai fini della decisione sulla consegna, l’autorità giudiziaria dello Stato membro di esecuzione è tenuta solo a verificare che il soggetto in questione abbia raggiunto l’età minima per essere considerato penalmente responsabile, nello Stato membro di esecuzione, dei fatti all’origine del mae, senza dover effettuare alcuna valutazione personalizzata.
DICEMBRE 2017
Judgment of the Court (Fifth Chamber), 22 December 2017
(Openbaar Ministerie v. Samet Ardic, case C-571/17 PPU, ECLI:EU:C:2017:1026)
Corte di giustizia (Quinta Sezione), sentenza del 22 dicembre 2017
(Openbaar Ministerie v. Samet Ardic, causa C-571/17 PPU, ECLI:EU:C:2017:1026)
La Corte di giustizia interpreta la nozione di “processo terminato con la decisione” di cui all’art. 4 bis, par. 1, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio relativa al mandato di arresto europeo e alle procedure di consegna tra gli Stati membri, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio.
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La Commissione propone al Parlamento europeo ed al Consiglio una serie di priorità mirate per potenziare l’azione e le attività dell'Unione europea finalizzate a prevenire la tratta di esseri umani. Esse sono: lo smantellamento del modello operativo da cui dipende la tratta di esseri umani; il miglioramento dell'accesso delle vittime di tratta ai loro diritti; il rafforzamento della risposta sia all’interno che all’esterno dell’Unione europea.
NOVEMBRE 2017
Non vi sono aggiornamenti normativi e giurisprudenziali
OTTOBRE 2017
Il regolamento istituisce – ex art. 86 del TFUE – la Procura europea, competente ad individuare, perseguire e portare in giudizio gli autori dei reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione e i loro complici. Tale organo svolge indagini, esercita l’azione penale ed esplica le funzioni di pubblico ministero dinanzi agli organi giurisdizionali competenti degli Stati membri fino alla pronuncia del provvedimento definitivo.
Judgment of the Court (Fifth Chamber), 12 October 2017
(Criminal proceedings against Franck Sleutjes, case C-278/16, ECLI:EU:C:2017:757)
Corte di giustizia (Quinta Sezione), sentenza del 12 ottobre 2017
(Procedimento penale a carico di Franck Sleutjes, causa C-278/16, ECLI:EU:C:2017:757)
La Corte di giustizia si pronuncia sull’interpretazione dell’art. 3 della direttiva 2010/64/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 ottobre 2010, sul diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali. Tra i “documenti fondamentali” dei quali, ai sensi della richiamata disposizione, deve essere garantita una traduzione scritta agli indagati o agli imputati che non comprendono la lingua del procedimento, rientra anche il decreto previsto dal diritto nazionale al fine di sanzionare reati minori ed emesso da un giudice al termine di un procedimento unilaterale semplificato.
La Commissione europea ha aggiornato e rivisto il manuale sull’emissione di un mandato di arresto europeo, pubblicato dal Consiglio nel 2008. La nuova versione del manuale, che tiene conto dell’esperienza acquisita nel corso degli ultimi 13 anni in merito all’applicazione del m.a.e., persegue l’obiettivo di essere più completa e fruibile per gli utenti.
AGOSTO 2017
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 4 bis, par. 1, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI. Secondo la Corte di giustizia, adita con procedimento pregiudiziale d’urgenza, la nozione di “processo terminato con la decisione” – di cui al richiamato articolo – “dev’essere interpretata nel senso che essa riguarda non solo il giudizio che ha dato luogo alla decisione in appello (…) ma anche un procedimento successivo (…) in esito al quale è intervenuta la decisione che ha modificato definitivamente l’entità della pena inizialmente inflitta, nei limiti in cui l’autorità che ha adottato quest’ultima decisione abbia beneficiato a tale riguardo di un certo potere discrezionale”. Inoltre, “(…) nel caso in cui l’interessato non sia comparso personalmente al procedimento rilevante o, eventualmente, ai procedimenti rilevanti ai fini dell’applicazione dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, (…), e in cui né le informazioni contenute nel modulo recante il modello di mandato d’arresto europeo (…) né quelle ottenute in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, della stessa decisione quadro, (…) forniscano elementi sufficienti per dimostrare l’esistenza di una delle situazioni contemplate all’articolo 4 bis (…) l’autorità giudiziaria dell’esecuzione dispone della facoltà di rifiutarsi di eseguire il mandato d’arresto europeo”.
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 4 bis, par. 1, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI. Con la sentenza de qua la Corte di giustizia chiarisce ulteriormente la nozione di “processo terminato con la decisione” ai sensi del citato articolo: “[q]ualora lo Stato membro di emissione abbia previsto una procedura penale che comporti diversi gradi di giudizio e che possa quindi dare luogo a decisioni giudiziarie in successione tra loro, almeno una delle quali sia stata resa in contumacia, la nozione di «processo terminato con la decisione» (…) deve essere interpretata nel senso che essa riguarda il solo grado di giudizio all’esito del quale è stata emessa la decisione che ha statuito definitivamente sulla colpevolezza dell’interessato nonché sulla sua condanna ad una pena, quale una misura privativa della libertà, in seguito ad un nuovo esame del merito della causa tanto in fatto quanto in diritto”.
SETTEMBRE 2017
Judgment of the Court (Fifth Chamber), 21 September 2017
(Trayan Beshkov v. Sofiyska rayonna prokuratura, case C-17/16 ECLI:EU:C:2017:710)
Corte di giustizia (Quinta Sezione), sentenza del 21 settembre 2017
(Trayan Beshkov c. Sofiyska rayonna prokuratura, causa C-171/16, ECLI:EU:C:2017:710)
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della decisione quadro 2008/675/GAI del Consiglio, del 24 luglio 2008, relativa alla considerazione delle decisioni di condanna fra Stati membri dell’Unione europea in occasione di un nuovo procedimento penale. La Corte di giustizia chiarisce, tra l’altro, che tale decisione quadro è “applicabile a un procedimento nazionale volto a imporre, ai fini dell’esecuzione, una pena detentiva cumulativa che tiene conto della pena inflitta a una persona dal giudice nazionale e altresì di quella imposta nell’ambito di una condanna anteriore pronunciata da un giudice di un altro Stato membro nei confronti della medesima persona per fatti diversi”.
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Report from the Commission to the European Parliament and the Council assessing the extent to which the Member States have taken the necessary measures in order to comply with Directive 2013/40/EU on attacks against information systems and replacing Council Framework Decision 2005/222/JHA, COM(2017) 474 final, Bruxelles, 13.9.2017
Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio che valuta in che misura gli Stati membri hanno adottato le misure necessarie per conformarsi alla direttiva 2013/40/UE relativa agli attacchi contro i sistemi di informazione e che sostituisce la decisione quadro 2005/222/GAI del Consiglio, COM(2017) 474 final, Bruxelles, 13.9.2017
La Commissione fa il punto sullo stato di attuazione della direttiva 2013/40/UE relativa agli attacchi contro i sistemi di informazione e che sostituisce la decisione quadro 2005/222/GAI del Consiglio. Pur riconoscendo i notevoli sforzi compiuti dagli Stati membri per adeguarsi alla citata direttiva, la Commissione europea evidenzia alcune criticità relative, ad esempio, alla previsione di norme comuni in materia di sanzioni per gli attacchi informatici.
GIUGNO 2017
La sentenza concerne l’interpretazione dell’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri. Le questioni pregiudiziali vertono sulla conformità, rispetto alla decisione quadro 2002/584, di una normativa nazionale non più in vigore a seguito della sua abrogazione e della sua sostituzione con misure nazionali volte all’attuazione della decisione quadro 2008/909.
LUGLIO 2017
La direttiva stabilisce – ex art. 83 del TFUE – norme minime riguardo alla definizione di reati e di sanzioni in materia di lotta contro la frode e le altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell’Unione, al fine di rafforzare la protezione contro i reati che ledono tali interessi. Come si legge al considerando n. 1, la tutela degli interessi finanziari dell’Unione riguarda non solo la gestione degli stanziamenti di bilancio, ma qualsiasi misura che incida (o che minacci di incidere) negativamente sul suo patrimonio e su quello degli Stati membri, nella misura in cui è di interesse per le politiche dell’Unione. Gli Stati membri dovranno recepire la direttiva entro il 6 luglio 2019.
MAGGIO 2017
Con la decisione de qua viene autorizzata, a nome dell'Unione europea, la firma della convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica per quanto riguarda la cooperazione giudiziaria in materia penale.
APRILE 2017
Non vi sono aggiornamenti normativi e giurisprudenziali.
MARZO 2017
La direttiva (UE) 2017/541 – che si basa sull’art. 83, par. 1, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea – stabilisce norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni nell’ambito dei reati di terrorismo, dei reati riconducibili a un gruppo terroristico e dei reati connessi ad attività terroristiche nonché le misure di protezione, sostegno e assistenza per le vittime del terrorismo. Come si legge al sesto considerando, è opportuno che la definizione dei reati sopra menzionati “sia oggetto di un’ulteriore armonizzazione in tutti gli Stati membri per contemplare in modo più completo le condotte connesse, in particolare, ai combattenti terroristi stranieri e al finanziamento del terrorismo”.
FEBBRAIO 2017
Non vi sono aggiornamenti normativi e giurisprudenziali.
La Corte di giustizia è chiamata ad interpretare in via pregiudiziale gli articoli 2, 3, par. 1, lett. c), e 6, parr. 1 e 3, della direttiva 2012/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, sul diritto all’informazione nei procedimenti penali. Tali disposizioni, secondo i giudici di Lussemburgo, non ostano ad una normativa statale che “nell’ambito di un procedimento penale, prevede che l’imputato che non risiede in tale Stato membro né dispone di un domicilio abituale in quest’ultimo o nel suo Stato membro di origine è tenuto a nominare un domiciliatario al fine di ricevere la notifica di un decreto penale di condanna emesso nei suoi confronti e che il termine per presentare opposizione avverso tale decreto, prima che quest’ultimo acquisisca carattere esecutivo, decorre dalla notifica di detto decreto a tale domiciliatario”. Tra l’altro, il giudice del rinvio è tenuto a vigilare affinché il procedimento nazionale di rimessione in termini, nonché le condizioni cui è subordinato il ricorso a tale procedimento, consentano l’esercizio effettivo dei diritti sanciti dall’art. 6 della direttiva.
GENNAIO 2017
Corte di giustizia (Terza Sezione), sentenza del 25 gennaio 2017, causa C-640/15, Minister for Justice and Equality c. Tomas Vilkas, ECLI:EU:C:2017:39
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 23 della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009. La Corte di giustizia precisa che il paragrafo 3 dell’art. 23 “deve essere interpretato nel senso che, in una situazione come quella di cui trattasi nel procedimento principale, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione e l’autorità giudiziaria emittente concordano una nuova data di consegna in forza di tale disposizione, qualora la consegna del ricercato, entro un termine di dieci giorni successivi a una prima nuova data di consegna concordata in applicazione della disposizione in parola, sia impedita dalla resistenza ripetutamente opposta dal medesimo, sempreché, a causa di circostanze eccezionali, non fosse possibile, per tali autorità, prevedere siffatta resistenza e non fosse possibile evitarne le conseguenze, malgrado l’adozione di tutte le precauzioni del caso da parte delle stesse autorità, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare”.
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 28, paragrafo 2, della decisione quadro 2008/909/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2008, relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell’Unione europea. Secondo la Corte di giustizia, chiamata in buona sostanza a precisare la nozione di “emissione della sentenza definitiva”, l’art. 28, par. 2, prima frase della citata decisione quadro deve essere interpretato nel senso che esso riguarda solo le sentenze divenute definitive prima della data indicata dallo Stato membro interessato.
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 7 (par. 3) e 9 (par. 1, lett. d)), della decisione quadro 2008/909/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2008, relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell’Unione europea, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009. Secondo la Corte di giustizia tali disposizioni “devono essere interpretati nel senso che deve ritenersi soddisfatta la condizione della doppia incriminabilità in una fattispecie come quella oggetto del procedimento principale, allorché gli elementi di fatto costitutivi del reato, quali risultano dalla sentenza pronunciata dall’autorità competente dello Stato di emissione, sarebbero di per sé perseguibili penalmente anche nello Stato di esecuzione, qualora si fossero verificati nel territorio di quest’ultimo”.
Con la Risoluzione de qua il Consiglio incoraggia le autorità competenti degli Stati membri che intendano costituire una Squadra Investigativa Comune (SIC) con le autorità competenti di altri Stati membri, a utilizzare ove necessario il modello di accordo allegato alla risoluzione stessa, al fine di concordare le modalità che regoleranno la squadra investigativa comune. Tale risoluzione tiene conto, peraltro, dell’articolo 13 della Convenzione relativa all’assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell’Unione europea, del 29 maggio 2000 e la decisione quadro del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa alle squadre investigative comuni.
Si segnala inoltre…
Il Consiglio dell’Unione europea è invitato a registrare l’assenza di unanimità, ai sensi dell’art. 86, par. 1, del TFUE, nell’adozione del Regolamento sulla Procura europea. La Svezia ha, infatti, confermato – anche nell’occasione della riunione del Coreper del 19 gennaio 2017, di non voler prendere parte all’adozione del citato Regolamento.
Il Parlamento europeo ha pubblicato uno studio che raccoglie gli standard europei e le buone prassi in materia di condizioni detentive. Il documento fornisce una panoramica dei problemi più comuni che interessano le prigioni degli Stati membri dell'Unione europea (dal sovraffollamento carcerario alle condizioni generali di vita in carcere) e descrive alcune delle migliori prassi individuate per risolverli. Particolare attenzione è rivolta ai detenuti vulnerabili (come bambini, donne, o detenuti affetti da malattie mentali).
L’Eurojust ha pubblicato le Linee guida per risolvere i conflitti di giurisdizione che possono crearsi nella lotta alla criminalità transfrontaliera e prevenire, pertanto, la violazione del ne bis in idem.
DICEMBRE 2016
La proposta de qua, diretta – tra l’altro – a garantire il funzionamento del Sistema Informativo Schengen nel campo della cooperazione giudiziaria in materia penale, si basa sugli artt. 82, par. 1, lett. d), 85, par. 1, 87, par. 2, lett. a) e 88, par. 2, lett. a) del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI. In particolare, il giudice del rinvio chiede se la direttiva 2012/29, nel rispetto dell’art. 83 del TFUE e degli artt. 2 e 3 della Costituzione italiana, nonché degli artt. 49, 51, 53 e 54 della Carta dei diritti fondamentali, osti all’abrogazione del reato di ingiuria di cui all’art. 594 c.p. avvenuta ad opera del Decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 7. Il giudice del rinvio rileva, tra l’altro, che il delitto di ingiuria, quale era previsto dall’articolo 594 del c.p. prima dell’abrogazione, e il reato di diffamazione, previsto all’articolo 595 del c.p., sono reati simili, che si distinguono soltanto per la presenza o per l’assenza della persona offesa. Pertanto, il giudice del rinvio ritiene che esista una disparità di trattamento manifesta tra i due fatti, dal momento che il reato di diffamazione previsto all’articolo 595 è mantenuto, mentre quello di ingiuria è stato abrogato. Questa scelta del legislatore sarebbe “discriminatoria, irrazionale e sproporzionata”, dato che il comportamento dell’autore nei due reati considerati costituisce la stessa condotta antigiuridica. In conclusione, il giudice del rinvio ritiene che occorra disapplicare la disposizione del decreto legislativo n. 7/2016, che abroga l’articolo 594 c.p., con la conseguente reviviscenza della norma abrogata. Tuttavia, la Corte di giustizia dell’Unione europea si dichiara manifestamente incompetente a rispondere alla domanda di pronuncia pregiudiziale.
La Commissione europea fa il punto sullo stato di attuazione della direttiva 2011/36/UE concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime. Secondo la Commissione europea occorre migliorare ulteriormente l’attuazione della direttiva de qua, “in particolare per quanto riguarda: misure specifiche di protezione dei minori, la presunzione della minore età e la valutazione dell’età del minore, la protezione prima e durante il procedimento penale, l’accesso incondizionato all’assistenza, il risarcimento, la non applicazione di sanzioni, l’assistenza e il sostegno ai familiari di un minore vittima, nonché la prevenzione”.
Si segnala inoltre…
Il 21 dicembre 2016 la Commissione europea ha adottato un nuovo pacchetto di misure in materia di giustizia penale che si compone di: una proposta di direttiva diretta a criminalizzare il riciclaggio di denaro che stabilisce una serie di norme comuni relative alla definizione dei reati e delle sanzioni nel settore del riciclaggio di denaro; una proposta di regolamento che aggiorna le disposizioni vigenti in materia di controllo del contante in entrata e in uscita dal territorio dell’Unione; una proposta di regolamento sul mutuo riconoscimento delle misure di congelamento e della confisca dei beni criminali.
NOVEMBRE 2016
La Corte di giustizia chiarisce che la nozione di “autorità giudiziaria”, di cui all’articolo 6, par. 1, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009, è una nozione autonoma del diritto dell’UE. Siffatta disposizione deve essere interpretata nel senso che osta a che un organo del potere esecutivo (nel caso di specie il Ministero della Giustizia della Repubblica di Lituania) sia designato come “autorità giudiziaria emittente”: pertanto, il m.a.e. da esso emesso ai fini dell’esecuzione di una sentenza che infligge una pena privativa della libertà personale non può essere considerato una “decisione giudiziaria” (ex art. 1, par. 1 della stessa decisione quadro).
La Corte di giustizia specifica la portata dell’art. 8, par. 1, lettera c), della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009: tale disposizione deve essere interpretata nel senso che costituisce una “decisione giudiziaria” la convalida, da parte del pubblico ministero, di un mandato d’arresto nazionale precedentemente emesso, ai fini di azioni penali, da un servizio di polizia.
Ancora una volta la Corte di giustizia precisa che la nozione di “autorità giudiziaria”, di cui all’art. 6, par. 1, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009, è una nozione autonoma del diritto dell’UE. Tale disposizione deve essere interpretata nel senso che “un servizio di polizia, come il Rikspolisstyrelsen (direzione generale della polizia nazionale, Svezia), non rientra nella nozione di «autorità giudiziaria emittente», ai sensi di tale disposizione, cosicché il mandato d’arresto europeo da esso emesso ai fini dell’esecuzione di una sentenza che infligge una pena privativa della libertà non può essere considerato una «decisione giudiziaria»” ex art. 1, par. 1, della stessa decisione quadro.
La Corte di giustizia interpreta l’art. 17, parr. 1 e 2 della decisione quadro 2008/909/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2008, relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell’Unione europea, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009. Per i giudici di Lussemburgo tale articolo deve essere “interpretato nel senso che esso osta a una norma nazionale, interpretata in modo tale da autorizzare lo Stato di esecuzione a concedere alla persona condannata una riduzione di pena a motivo del lavoro da essa svolto durante la sua detenzione nello Stato di emissione, quando le autorità competenti di quest’ultimo Stato, conformemente al diritto dello stesso, non hanno concesso una siffatta riduzione di pena”. Inoltre, “Il diritto dell’Unione deve essere interpretato nel senso che un giudice nazionale è tenuto a prendere in considerazione le norme del diritto interno nel loro complesso e ad interpretarle, quanto più possibile, conformemente alla decisione quadro 2008/909, come modificata dalla decisione quadro 2009/299, al fine di conseguire il risultato da essa perseguito, disapplicando, ove necessario, di propria iniziativa, l’interpretazione accolta dal giudice nazionale di ultima istanza, allorché tale interpretazione non è compatibile con il diritto dell’Unione”.
Stabilendo norme minime comuni riguardanti il diritto al patrocinio a spese dello Stato per indagati ed imputati, ex art. 82, par. 2, lett. b), la direttiva (UE) 2016/1919 mira a rafforzare la fiducia reciproca tra Stati membri, nonché a facilitare il reciproco riconoscimento delle decisioni materia penale. L’espressione “patrocinio a spese dello Stato” indica il finanziamento da parte di uno Stato membro dell’assistenza di un difensore che consenta l’esercizio del diritto di avvalersi di un difensore (art. 3).
Si segnala inoltre…
Con il Decreto Legislativo 29 ottobre 2016, n. 202 (GU n. 262 del 9 novembre 2016) è stata recepita la direttiva 2014/42/UE relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato nell'Unione europea.
OTTOBRE 2016
Con la sentenza del 27 ottobre 2016, la Corte di giustizia è stata chiamata a risolvere, ex art. 267 del TFUE, il quesito pregiudiziale avente ad oggetto l’interpretazione degli articoli 3 e 6 della direttiva (UE) 2016/343, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali.
Risoluzione del Parlamento europeo del 5 ottobre 2016 sulla Procura europea ed Eurojust
Con la Risoluzione approvata il 5 ottobre 2016, il Parlamento europeo ribadisce il sostegno a favore dell’istituzione di una Procura europea efficace e indipendente, ai sensi dell’art. 86 del TFUE, al fine di ridurre l’attuale frammentazione degli interventi nazionali di contrasto volti a proteggere il bilancio dell’UE. Inoltre, esso invita il Consiglio a stabilire una serie chiara di competenze per la Procura europea, sulla base della proposta di direttiva relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell'Unione mediante il diritto penale (direttiva PIF).
Si segnala inoltre…
Con il decreto legislativo 15 settembre 2016, n. 184, in GU Serie Generale n. 231 del 3 ottobre 2016, è stata data attuazione alla Direttiva 2013/48/UE, relativa al diritto di avvalersi di un difensore nel procedimento penale e nel procedimento di esecuzione del mandato d’arresto europeo, al diritto di informare un terzo al momento della privazione della libertà personale e al diritto delle persone private della libertà personale di comunicare con terzi e con le Autorità consolari.
AGOSTO 2016
Non vi sono aggiornamenti normativi e giurisprudenziali
LUGLIO 2016
Il giudice del rinvio chiede alla Corte di giustizia se la nozione di “custodia” di cui alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio relativa al mandato di arresto europeo ed alle procedure di consegna tra gli Stati membri, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, comprenda anche le misure consistenti nella sorveglianza elettronica del luogo di permanenza del destinatario del mandato. La Corte di giustizia precisa che la nozione di “custodia” designa una misura non semplicemente restrittiva, ma privativa della libertà e comprende, oltre all’incarcerazione, qualsiasi misura o insieme di misure imposte alla persona interessata che, in ragione del tipo, della durata, degli effetti e delle modalità di esecuzione, la privino della sua libertà in modo analogo ad un’incarcerazione. Spetta all’autorità giudiziaria dello Stato membro di emissione del mandato d’arresto europeo esaminare se le misure prese nei confronti della persona interessata nello Stato membro di esecuzione costituiscano un’ipotesi di "custodia". In caso affermativo, la decisione quadro impone che dal periodo di detenzione definitiva sia dedotta la durata totale del periodo in cui tali misure sono state applicate.
GIUGNO 2016
La Corte di giustizia precisa che la direttiva 2010/64/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 ottobre 2010, sul diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali, non si applica ad un procedimento speciale nazionale con il quale il giudice di uno Stato membro riconosce una decisione giudiziaria definitiva pronunciata da un organo giurisdizionale di un altro Stato membro che ha condannato una persona per la commissione di un reato. A tal proposito, la decisione quadro 2009/315/GAI del Consiglio relativa all’organizzazione e al contenuto degli scambi fra gli Stati membri di informazioni estratte dal casellario giudiziario, nonché la decisione 2009/316/GAI del Consiglio, che istituisce il sistema europeo di informazione sui casellari giudiziari (ECRIS), devono essere interpretate nel senso che ostano all’attuazione di una normativa nazionale che istituisce un siffatto procedimento speciale.
La sentenza della Corte di giustizia verte sull’interpretazione dell’art. 8, par. 1, lett. c) della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio relativa al mandato di arresto europeo ed alle procedure di consegna tra gli Stati membri, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio: secondo i giudici di Lussemburgo “la nozione di ‘mandato d’arresto’, di cui a tale disposizione, deve essere intesa come designante un mandato d’arresto nazionale distinto dal mandato d’arresto europeo”. Inoltre, “quando un mandato d’arresto europeo, che si fonda sull’esistenza di un ‘mandato d’arresto’, ai sensi di tale disposizione, non contiene alcuna indicazione dell’esistenza di un mandato d’arresto nazionale, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione è tenuta a non darvi corso nel caso in cui essa, alla luce delle informazioni fornite in conformità dell’articolo 15, paragrafo 2, della decisione quadro 2002/584, come modificata, nonché di tutte le altre informazioni in suo possesso, constati che il mandato d’arresto europeo non è valido, in quanto è stato emesso senza che fosse stato effettivamente spiccato un mandato d’arresto nazionale distinto dal mandato d’arresto europeo”.
MAGGIO 2016
La domanda pregiudiziale verte sull'interpretazione dell'art. 4 bis, par. 1 a, i), della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio del 26 febbraio 2009. Tale articolo deve essere interpretato, tra l’altro, nel senso che le espressioni “citato personalmente” e “di fatto informato ufficialmente con altri mezzi della data e del luogo fissati per il processo, in modo tale che si è stabilito inequivocabilmente che era al corrente del processo fissato” sono nozioni autonome del diritto dell’Unione europea e devono quindi essere interpretate in maniera uniforme.
L'art. 88 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea prevede che la disciplina applicabile a Europol sia stabilita mediante regolamento da adottarsi secondo la procedura legislativa ordinaria. Il Regolamento (UE) 2016/794 sostituisce e abroga le decisioni del Consiglio 2009/371/GAI, 2009/934/GAI, 2009/935/GAI, 2009/936/GAI e 2009/968/GAI.
La direttiva – che si basa sull’art. 82, par. 2, lett. b) del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea – persegue l’obiettivo di stabilire garanzie procedurali affinché i minori indagati o imputati nei procedimenti penali siano in grado di comprendere e seguire il procedimento, esercitare il loro diritto a un equo processo, evitare la recidiva e promuovere il loro reinserimento sociale.
La decisione (UE) 2016/809 conferma la partecipazione del Regno Unito alle seguenti decisioni del Consiglio: decisione 2008/615/GAI, del 23 giugno 2008, sul potenziamento della cooperazione transfrontaliera, soprattutto nella lotta al terrorismo e alla criminalità transfrontaliera; decisione 2008/616/GAI, del 23 giugno 2008, relativa all’attuazione della decisione 2008/615/GAI sul potenziamento della cooperazione transfrontaliera, soprattutto nella lotta al terrorismo e alla criminalità transfrontaliera, decisione quadro 2009/905/GAI, del 30 novembre 2009, sull'accreditamento dei fornitori di servizi forensi che effettuano attività di laboratorio.
L’atto de quo costituisce la prima relazione della Commissione europea sulla tratta di esseri umani in seguito all’adozione della direttiva 2011/36/UE concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime (cd. direttiva anti-tratta). La relazione si distingue in tre sezioni (tendenze della tratta di esseri umani, risultati delle azioni anti-tratta e statistiche fornite dagli Stati membri) ed esamina, tra l’altro, le azioni intraprese nell’ambito della Strategia dell’UE per l’eradicazione della tratta degli esseri umani 2012-2016. Inoltre, la relazione esamina le principali politiche dell'UE in materia di tratta di esseri umani (es. l’agenda europea sulla migrazione, l'agenda europea sulla sicurezza, il piano d'azione dell'UE contro il traffico di migranti 2015-20207, il piano d'azione per i diritti umani e la democrazia (2015-2019), il nuovo quadro per le attività dell'UE in materia di parità di genere e di emancipazione delle donne nelle relazioni esterne dell'UE per il 2016-20209 e l'impegno strategico dell'UE per la parità di genere 2016-2019).
La direttiva si basa sugli articoli 82, par. 1, lett. d), e 87, par. 2, lett. a), del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea e persegue l’obiettivo di garantire la sicurezza, proteggere la vita e l'incolumità delle persone, nonché creare un quadro normativo per la tutela dei dati PNR per quanto riguarda il loro trattamento da parte delle autorità competenti. L'uso efficace di tali dati è necessario per prevenire, accertare, indagare e perseguire i reati di terrorismo e i reati gravi e rafforzare così la sicurezza interna, per raccogliere prove e, se del caso, scoprire complici e smantellare reti criminali. Gli Stati membri dovranno recepire la direttiva entro il 25 maggio 2018.
APRILE 2016
Con la sentenza del 5 aprile 2016, la Corte di giustizia è stata chiamata a risolvere, ex art. 267 del TFUE, il quesito pregiudiziale avente ad oggetto l’interpretazione degli artt. 1, par. 3, 5 e 6, par. 1 della decisione quadro 2002/584/GAI relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio) nei procedimenti relativi all’esecuzione di mandati di arresto europei emessi nei confronti dei sig.ri Pál Aranyosi e Robert Căldăraru. Le questioni pregiudiziali sollevate dalla Corte d’appello anseatica di Brema (Germania) presentano profili di indubbio rilievo, giacché consentono di rileggere alcune disposizioni della decisione quadro sul mandato di arresto europeo alla luce di problematiche di notevole attualità, quali il sovraffollamento carcerario, più volte – com’è noto – portato all’attenzione della Corte europea dei diritti dell’uomo.
Si segnalano inoltre…
Opinion 3/2016 on the Exchange of information on third country nationals as regards the European Criminal Records Information System (ECRIS), del 13 aprile 2016
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo a norma dell'articolo 294, paragrafo 6, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea riguardante la posizione del Consiglio sull'adozione di una direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle autorità competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, e la libera circolazione di tali dati, e che abroga la decisione quadro 2008/977/GAI del Consiglio, dell’11 aprile 2016
MARZO 2016
La direttiva 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali costituisce la prima concretizzazione di una serie di misure previste dalla Commissione europea nel novembre 2013 al fine di rafforzare ulteriormente le garanzie delle persone indagate o imputate nei procedimenti penali. Oltre a rafforzare taluni aspetti del principio della presunzione di innocenza, la direttiva de qua disciplina, altresì, il diritto al silenzio, il diritto di non auto-incriminarsi e, infine, il diritto di presenziare al processo.
FEBBRAIO 2016
Il Regolamento (UE) 2016/94 abroga una serie di atti concernenti il settore della cooperazione di polizia e della cooperazione giudiziaria in materia penale che fanno parte dell’acquis di Schengen, in quanto “non sono più pertinenti a causa della loro natura temporanea o perché il loro contenuto è stato ripreso in atti successivi”.
Il Regolamento (UE) 2016/95 abroga una serie di atti concernenti il settore della cooperazione di polizia e della cooperazione giudiziaria in materia penale, divenuti “obsoleti perché il loro contenuto è stato ripreso in atti successivi”. Ad esempio, la decisione quadro 2008/978/GAI del Consiglio relativa al mandato europeo di ricerca delle prove (MER) è stata sostituita dalla direttiva 2014/41/UE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all’ordine europeo di indagine (OEI) a causa del suo ambito di applicazione troppo limitato.
GENNAIO 2016
La proposta de qua – che può essere considerata l’ennesima reazione dell’Unione europea ai recenti attacchi terroristici – si basa sull’art. 81, par. 1, lett. d) del TFUE ai sensi del quale il Parlamento europeo e il Consiglio adottano le misure intese a “facilitare la cooperazione tra le autorità giudiziarie o autorità omologhe degli Stati membri in relazione all’azione penale e all’esecuzione delle decisioni”. Nel modificare la decisione quadro 2009/315/GAI del Consiglio, la proposta di direttiva persegue l’obiettivo di migliorare l’attuale sistema europeo di informazione sui casellari giudiziari (ECRIS). In particolare, essa intende completare il sistema previgente attraverso lo scambio di informazioni sulle condanne penali anche relativamente ai cittadini di Paesi terzi.